Dino Da Costa,il mistico tiranno del derby

Fulmini sulla Lazio

Era un prete mancato: aveva la vocazione del bombardiere. Con una particolare predilezione: gli avversari biancazzurri. Ogni volta che li incontrava, li batteva. Bob Lovati fu una delle sue vittime preferite

Poi c'è stato il tenebroso Dino Da Costa. Un prete mancato, nel senso che aveva la vocazione e non ha potuto, o saputo, assecondarla. Il suo consigliere spirituale era stato Don Augusto, seminarista in un collegio brasiliano sulla via Aurelia. Dino Da Costa, venuto in Italia per giocare nella Roma, aveva deciso di frequentare un gruppo di quei seminaristi che andavano in gita, il giovedì, a Castelfusano e al lago di Castelgandolfo. Voleva ritrovare un po' del suo mondo, della sua gente. Don Augusto, ricordava Dino, era quello che preparava i panini imbottiti.
Un giorno a Verona, dove Da Costa si era trasferito a fine carriera e dove è rimasto, arrivò il Vescovo di Teresina e dello Stato di Piaul, nel Nordeste Ocidental brasiliano. Dino andò a riverirlo.
L'eminente prelato lo osservò a lungo, poi mandò all'aria tutto il composto cerimoniale abbracciando il campione: Dino! Era lui, don Augusto. Il tenebroso Dino non divenne sacerdote perché aveva -con rispetto parlando- un'altra vocazione: quella di mistico tiranno del derby.
Sotto questo aspetto fondamentale nell'ambito della rivalità cittadina, quindi della tradizione calcistica romana- Da Costa ha fatto per la Roma quello che nessun altro è stato capace di fare: neppure Garibaldi Bernardini, neppure l'VIII re di Roma, Amadei.
Ogni volta che ha incontrato la Lazio, Dino Da Costa l'ha fulminata. Faceva due o tre gol per volta, arrivando rapidamente a nove, più quattro reti in gare non di campionato: e così battendo il record che "Sciabbolone Sigfrido" Volk deteneva da trent'anni. La sua vittima è stato Lovati, portiere laziale. E' rimasta famosa quella volta che la Roma vinse il derby a tempo scaduto, ma Lovati uscì dal campo salutando allegramente, mentre i compagni scappavano incavolatissimi. Negli spogliatoi gli chiesero se fosse impazzito ma Bob continuò nella sue singolari celebrazioni personali: l'importante -spiegherà che Da Costa finalmente non avesse segnato, che gli importava della sconfitta?
I compagni ammutolirono, poi uno tra i meno pietosi gli disse la verità: «Bob, hai fatto confusione, perchè il gol a tempo scaduto lo ha segnato proprio lui, Da Costa». Lovati giura che è stato quello il momento più infelice di tutta la sua lunga e onorata carriera.

Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport

 

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